Spotlight Award 2024 | Kasia Strek (ita)

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Vincitore Spotlight Award 2024Kasia Strek
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Ogni giorno, nel mondo, sono circa 130 le donne che muoiono a causa di un aborto non sicuro. Ogni anno, altri 7 milioni di donne soffrono di invalidità temporanee o permanenti. Secondo l’OMS, l’aborto non sicuro, unica causa di mortalità materna completamente prevenibile, provoca il 13% dei decessi a livello globale.
Statisticamente, 1 donna su 3 subisce almeno un aborto nel corso della vita, indipendentemente dal gruppo etnico a cui appartiene, dalla religione o dallo status sociale. L’accesso sicuro all’aborto è stato stabilito come diritto umano da numerose strutture internazionali, quali il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite e i tribunali per i diritti umani in Europa, nelle Americhe e in Africa. Nonostante ciò, le donne continuano ad essere stigmatizzate, costrette a portare avanti gravidanze indesiderate o pericolose per la vita, o a ricorrere a soluzioni ad alto rischio; questo avviene in diverse aree geografiche, sia nei paesi sviluppati che sottosviluppati. Molte sono minorenni, sopravvissute a stupri o con problemi di salute. In tutto il mondo, le donne devono affrontare il rifiuto, gli oneri finanziari e, in taluni casi, anche la reclusione. Le leggi restrittive sull’aborto sono collegate alla mancanza di un facile accesso alla contraccezione, alla scarsa educazione sessuale, alla violenza sessuale e di genere e alle religioni utilizzate come strumento politico.
Nel 2020, in Polonia, dopo le restrizioni delle leggi sull’aborto, sono iniziate una serie di proteste, poi violentemente represse. Nelle Filippine, l’accesso universale ai moderni contraccettivi è stato legalizzato solo nel 2012. In Egitto, le donne incinte prima del matrimonio rischiano la morte per aver disonorato le loro famiglie. Nel sud degli Stati Uniti, l’educazione sessuale non è inclusa nel programma scolastico e i tassi di gravidanza tra le adolescenti sono i più alti nel mondo sviluppato. In El Salvador, le donne rischiano fino a quaranta anni di carcere per aborto o addirittura per complicanze ostetriche. In Nigeria, la violenza sessuale è stata dichiarata emergenza nazionale e la mortalità materna è tra le più alte al mondo.
Gli esempi di paesi quali la Polonia e gli Stati Uniti, dove le leggi sull’aborto sono state effettivamente inasprite nel 2020 e nel 2022, mostrano che le restrizioni aumentano la mortalità e la morbilità infantile e materna. Le donne che non sono in grado di interrompere gravidanze, danno alla luce bambini che non sopravvivono, mentre i medici, spaventati di entrare in conflitto con la legge, esitano a prendere misure salvavita per le pazienti in caso di mancato aborto spontaneo.
Il dibattito politicizzato riguarda il valore e il ruolo delle donne. È una delle principali fonti di stigma sociale e una questione di potere: chi ha il diritto di decidere quando si parla di fertilità femminile? Le conseguenze dell’aborto non sicuro non hanno un impatto solo sulle donne, ma sulle loro famiglie, comunità e società. Come afferma l’OMS, la mancanza di accesso all’aborto sicuro costa ai sistemi sanitari dei paesi in via di sviluppo 553 milioni di dollari all’anno che devono essere destinati alle cure post-aborto.

Copyright foto: © Kasia Strek

Kasia Strek è una fotoreporter polacca e membro dell’agenzia fotografica Panos. Il suo lavoro si concentra principalmente su temi legati alle disuguaglianze sociali, alla salute riproduttiva delle donne e al cambiamento climatico. Utilizza gli strumenti dello storytelling per agire, informando sulle violazioni dei diritti umani e su questioni di importanza sociale che rimangono spesso taciute.

È vincitrice di numerose borse di studio e premi, tra cui il Pulitzer Grant for Crisis Reporting, il Chris Hondors Fellow Award, il Jean-Luc Lagardere Award, il Camille Lepage Grant, assegnato ogni anno al festival di fotogiornalismo Visa Pour l’Image e l’International Women Media Foundation Courage in Journalism Award, (insignito alle giornaliste del Washington Post in Ucraina). Ha ricevuto, inoltre, il premio Emergency Grand for Journalists della National Geographic Society. Negli ultimi due anni si è occupata di coprire notizie dall’’Europa orientale e attualmente lavora in Ucraina.


Il suo lavoro è stato pubblicato in testate tra cui The New York Times, The TIME, The Washington Post, LA Times, Smithsonian Magazine, NPR, The Financial Times, The Sunday Times, The Guardian, Le Monde, Liberation, Stern e Die Zeit e esposto in mostre personali e collettive. È stata docente in visita su invito presso l’Accademia d’arte di Lodz, Polonia, Michigan State University, USA, Speos Photography School e National School Supérieure Louis-Lumière a Parigi, e ha partecipato a numerose conferenze sulla documentazione a lungo termine e sull’etica nel giornalismo.

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Lodi, Palazzo Barni, C.so Vittorio Emanuele II, 17

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