Storie di coraggioMaggie Steber
THE STORY OF A FACE
(LA STORIA DI UN VOLTO)

Questa è una storia difficile da guardare. Nonostante ciò, vi chiediamo di intraprendere il viaggio straordinario insieme a una giovane donna che ha subito un trapianto di viso, perché questo percorso rivela qualcosa di profondo sulla nostra umanità. Il nostro volto trasmette chi siamo e comunica un caleidoscopio di emozioni. Siamo i nostri volti? Katie Stubblefield ha perso il suo quando aveva 18 anni. Quando ne aveva 21, i medici hanno dato a Katie un nuovo viso. Siamo di fronte alla storia di un trauma, di identità, resilienza, devozione e incredibili “miracoli” della medicina.

Joanna Connors

Katie Stubblefield, una studentessa delle superiori bellissima e intelligente, quando aveva 18 anni ha tentato il suicidio, sparandosi un colpo di pistola al viso, rimanendo sfigurata. È sopravvissuta contro ogni previsione, il che descrive più o meno il temperamento di questa giovane donna che ora ha il volto di un’altra persona.

La prima volta che la fotografa ha incontrato Katie Stubblefield nel maggio 2016, la ragazza si trovava in ospedale a seguito di un intervento chirurgico eseguito con la tecnica della distrazione osteogenetica per allineare i suoi occhi. Ogni giorno un medico si occupava di girare letteralmente le viti su questo dispositivo che spuntava dal volto di Katie. Da quel momento in poi Maggie Steber ha iniziato a occuparsi della sua storia, al contempo straordinaria, dolorosa e piena di speranza. Quella che è iniziata come una tragedia ha finito per diventare una possibilità di riscatto.

La famiglia e i genitori Alesia e Robb, sono stati cordiali, accoglienti e sempre schietti in presenza della fotografa, sia mentre si rivolgevano direttamente a Katie che quando parlavano della sua storia. Al tempo, Katie aveva un volto che era stato rimesso insieme prelevando tessuti dal suo addome e dalla coscia. Non c’era più il naso, gli occhi erano storti, il mento era enorme per sostituire quello che non aveva più a causa dello sparo, aveva un buco in gola per respirare e ciò che rimaneva delle sue labbra pendeva ai lati della bocca, tanto da rendere complicato nutrirsi, visto che il cibo cadeva quando tentava di mangiare.

La famiglia aveva intrapreso un percorso di terapia per cercare di superare quello che loro chiamavano il terribile “incidente”. Le giornate di Katie erano caratterizzate da lunghe sedute di fisioterapia, logopedia, apprendimento del braille, perché probabilmente non riacquisterà più la vista, visite mediche e piccoli interventi chirurgici per prepararla alla possibilità di un trapianto facciale. Il percorso è sempre stato costellato dal dolore.

Alle 7:30 del mattino del 4 maggio 2017, Katie ha finalmente ricevuto una donazione del viso diventando la più giovane paziente della storia sottoposta a trapianto facciale integrale. La donatrice, una trentunenne in coma a seguito di un’overdose, non si sarebbe mai più ripresa, così sua nonna ha deciso di donare il suo volto. Mesi dopo l’operazione, la donna ha potuto rivedere il viso di sua nipote quando ha conosciuto Katie in quello che è stato un incontro molto toccante e coinvolgente.

Di tutte le parti del corpo umano, il nostro volto è il segno più distintivo. È l’immagine che vediamo nella nostra mente quando pensiamo a noi stessi. È l’emblema fisico della nostra identità e della percezione che abbiamo del nostro essere. È la nostra fototessera per il resto del mondo. Ma è anche il modo in cui gli altri cercano di conoscerci in profondità, per scoprire davvero chi siamo dentro. I volti ci hanno aiutato a evolverci come esseri sociali. A parte il linguaggio, i nostri volti rappresentano il veicolo più importante attraverso cui comunicare. Ci servono nelle funzioni di base che permettono la nostra sopravvivenza: mangiare, bere, respirare. I volti sono anche le valvole di aspirazione, per così dire, di quattro dei cinque sensi fondamentali, che ci aiutano a vedere, annusare, gustare e sentire. E nulla di tutto questo dovrebbe essere dato per scontato.

Questo lavoro è stato pubblicato nel numero di settembre 2018 di National Geographic.

Nata e cresciuta in Texas, la fotografa documentarista Maggie Steber ha vissuto e lavorato in tutto il mondo. All’inizio della sua carriera è stata giornalista e fotografa per il Galveston Daily News e photo editor per Associated Press a New York.

Le sue foto sono apparse su riviste di tutto il mondo, tra cui Life, The New Yorker, Smithsonian, People, Newsweek, Time e Sports Illustrated, nonché Merian Magazine of Germany e The Times Magazine di Londra.

Il suo lavoro ad Haiti le è valso due importanti borse di studio, la Ernst Haas Grant e la Alicia Patterson Foundation Grant for Journalistic Exploration of a Subject ed è culminato nel 1991 nella pubblicazione di Dancing on Fire: Photographs From Haiti. Maggie ha anche vinto il World Press Foundation Award, la Leica Medal of Excellence, l’onorificenza Overseas Press Club e alcune edizioni del premio Pictures of the Year della National Press Photographers Association (NPPA). È stata nella giuria di molti concorsi fotografici, incluso il Pictures of the Year.

Per National Geographic ha pubblicato articoli su Miami, la tratta degli schiavi africani, la nazione Cherokee, lettere di soldati e Dubai.

Vive a Miami, in Florida.

maggiesteber.com

Lodi, Ex Chiesa dell’Angelo
via Fanfulla, 22

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